lunedì 14 febbraio 2011

Sesto
E’ utile impiegare le metafore finché 
se ne ha ben presente la natura, 
il ruolo e il valore, in quanto
strumenti per estendere la nostra 
conoscenza del reale;
ed è soprattutto nell’ambito 
delle cosiddette scienze umane,
quando l’uomo tenta di comprendere 
scientificamente
 se stesso e le sue interazioni con 
l’ambiente, che il ricorso
alle descrizioni metaforiche si rende più
necessarie, forse inevitabile.

C.Morabito – L’uso della metafora nello
sviluppo del sapere psicologico



In riabilitazione è sempre crescente l’importanza data al linguaggio del Paziente, all’ascolto di come egli vive il suo corpo, di come lo descrive sia attraverso il linguaggio spontaneo sia durante gli esercizi, le sue parole vengono adoperate tanto come strumento di valutazione quanto di verifica, infatti il suo modo di esprimersi cambia mentre egli stesso si modifica. 

Il linguaggio ha una notevole potenzialità in quanto è un valido strumento che ci permette di comprendere come il paziente vive l’esperienza: mediante il linguaggio il Paziente riesce ad esprimere le immagini visive o motorie o sinestesiche che egli ha del suo corpo, del suo movimento, della sua patologia, riesce a descriverle e, nella descrizione, nel tentativo di spiegare il suo vissuto – nel passaggio cioè da un formato immagine a un formato preposizionale – egli coscientizza l’esperienza stessa. 

Focalizzando l’attenzione sulle parole del Paziente il Riabilitatore può capire come in quel momento egli stia vivendo l’esperienza: il linguaggio diviene pertanto un ponte di collegamento, una finestra attraverso la quale ci è possibile dare uno sguardo al vissuto privato e soggettivo del Paziente. 
È difficile per molti individui sani fare immagini di tipo motorio e ancora di più lo è per che ha una patologia, si tende infatti in entrambi i casi a fare immagini di tipo visivo in terza persona e solo gradualmente la nostra capacità di immaginare diviene più precisa e cosciente. È possibile entrare all’interno della capacità immaginativa del Paziente mediante le descrizioni che egli fa e, sempre adoperando lo strumento del linguaggio, possiamo gradualmente condurlo a passare da immagini visive in terza persona a immagini visive in prima persona fino alle immagini di tipo somestesico. 

Le espressioni, le descrizioni fatte dal Paziente sono in gran parte di natura metaforica, perciò se il linguaggio diviene uno strumento di fondamentale importanza in riabilitazione, allora la metafora assume un ruolo determinante nella comprensione del vissuto del Paziente.
Proviamo a concretizzare seguendo uno stralcio di terapia tratto da appunti presi durante il trattamento di un Paziente ( C.) e da una loro analisi di studio:

il paziente ha una notevole difficoltà nel parlare del proprio corpo e nel descrivere ciò che sente, come se sentire non abbia importanza, come se l’unico aspetto per lui degno di nota sia l’esteriorità del gesto. C. si esprime perciò con termini generici, usa un linguaggio scarno di aggettivi e non realmente esplicativo; nella descrizione spontanea non va oltre un generico “più pesante”, “più addormentato”, “più difficile”, “come se non fosse mio”.

Nel descrivere le sensazioni provate durante il tentativo di abdurre il braccio in posizione supina il Paziente usa l’espressione “ sento che la spalla non  mi aiuta a portarlo fuori”. Lo invito a rifare il movimento a destra stimolandolo a focalizzare l’attenzione sulle sensazioni provenienti dalla spalla; poi lo invito a provare nuovamente a sinistra:
“ e senti che la spalla non ti aiuta. Riproviamo a farlo a destra, prova però ad indagare meglio: porta il braccio in fuori di qua, senti la spalla” il paziente effettua il movimento, “ e torna a posto, bene. Adesso riprova a farlo a sinistra, senti, e cerca di spiegare meglio la frase la spalla non mi aiuta..

Il Paziente effettuato il movimento riferisce di sentire che “ qua qualcosa è bloccato, io faccio il comando di mandare fuori il braccio, però qualcosa invece non lo tira, non lo fa andare, lo regge … e come se ci fosse un meccanismo, come se non parte.”

È radicata in lui la metafore uomo – macchina, propria della sua culturale ( epistemologia locale), ma ulteriormente esasperata dalla patologia. La difficoltà incontrata nel parlare del proprio corpo in maniera spontanea è evidente fin dai primi incontri riabilitativi…

Stefano Gusella

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