venerdì 8 aprile 2011

Settimo

Per creare un patrimonio culturale condivisibile tra gli Operatori e gli Studiosi della materia, è opportuno, all’interno di una teoria cognitiva della riabilitazione, definire come raccogliere e descrivere i casi clinici. Questa necessità, già fortemente radicata all’interno del gruppo dell’Esercizio Terapeutico Conoscitivo, richiede una ulteriore analisi per permettere una raccolta ancor più significativa ed esaustiva delle esperienze terapeutiche. Tale analisi è la conseguenza del divenire delle conoscenze del modello teorico di riferimento, che, con l’acquisizione di una propria posizione rispetto al problema della soggettività dell’uomo e di come questa sia una tematica fondamentale per interpretare i processi cognitivi e quindi di recupero dello stesso, ha cambiato e rivisto alcuni dei suoi strumenti operativi. Il superamento di una posizione precedentemente assunta non comporta necessariamente la negazione di questa, ma attesta la capacità di un modello di evolvere in base alle nuove acquisizioni provenienti dalla stessa materia o da altre scienze di base. Il problema su cui bisogna attualmente riflettere è come sia possibile far emergere nella raccolta dei dati un livello utile ad interpretare la persona, sia Paziente che Terapista, evidenziando così le scelte individuali e le interpretazioni soggettive degli eventi che caratterizzano e determinano gli stessi processi di recupero. La soggettività per essere indagata richiede degli strumenti idonei e specifici che ne permettano il rilevamento e la sua possibile interpretazione e ricaduta scientifica. Riabilitare implica la condivisione di un periodo e di un percorso di recupero tra due persone che non possono che perdere la propria neutralità d’osservazione e di interpretazione nell’istante in cui interagiscono tra loro. Diventa allora inutile tentare di cercare una presunta scientificità, intesa come obiettività generalizzabile significativa perché riscontrabile in tutti i Pazienti, ma diventa indispensabile studiare la relazione Paziente-Riabilitatore, all’interno di un intervento riabilitativo, come vento unico, irripetibile, che può a posteriori arricchire il proprio modello di riferimento con quei dati che possono accedere ad un livello di generalizzazione della conoscenza poiché compresenti in quadri patologici simili. Una strategia, sia per le caratteristiche teoriche che organizzano una visione cognitiva della riabilitazione che per le posizioni che si sono assunte in riferimento al problema dell’esperienza come chiave di lettura per accedere alla soggettività, potrebbe essere quella di ripercorrere la proposta di A. R. Lurija nella definizione di scienza romantica. La posizione che si viene a delineare con questo Autore si struttura in maniera contraria ad una scienza statico-formale che guarda in maniera asettica dall’esterno i sintomi del Paziente, e a favore, come conseguenza, di una scienza “romantica” che indaga, accanto alla descrizione del caso clinico, l’individuo nella sua totalità; la soggettività diventa un evento con valenza scientifica e rappresenta un possibile percorso di ricerca. Tale realtà diventa oltremodo una necessità d’indagine dopo la consapevolezza di come i modelli tradizionali, legati ad una falsa necessità quantificatoria del dato, si disgregano nel tentativo di interpretare il comportamento e le capacità del soggetto studiato. Il metodo diventa la correlazione delle descrizioni offerte dal Paziente con le osservazioni dello Studioso; tale condivisione, legata al linguaggio che crea quel ponte in grado di unire il mondo delle associazioni con quello dell’intenzionalità, le impressioni sensoriali con i significati, trasforma i ruoli d’osservatore e osservato creando una realtà di condivisione che porta ad una fusione delle rispettive parti. Di fronte alla difficoltà di condurre l’indagine attraverso i canoni ufficiali di una scienza che quantifica il dato, si deve lasciare la parola al paziente che attraverso i suoi racconti permette allo Studioso di capire ed interpretare la situazione. È proprio in questa ottica narrativa più vicina al romanzo che all’articolo scientifico che emergono le personalità individuali; elemento fondamentale, però, è che in questa atmosfera “romantica” il dato soggettivo, espressione del punto di vista di uno dei due attori, Paziente e Studioso, acquista attraverso la correlazione uno spessore scientifico di ricerca. Le opere di A.R. Lurija sono state costruite per indagare e definire la diagnosi e per studiare la natura stessa delle funzioni corticali superiori dell’uomo; in riabilitazione tali finalità non sono sufficienti in quanto deve emergere il percorso che ha cambiato le capacità del Paziente. Il Riabilitatore costruisce delle ipotesi di recupero da convalidare o smentire con l’esercizio ed il cambiamento comportamentale del Paziente, struttura dei ragionamenti attraverso le proprie conoscenze utili al superamento parziale o totale della realtà patologica. Il binomio Paziente-Studioso che si viene a strutturare in riabilitazione fonda il suo legame sul cambiamento, sul superamento della patologia, sulla cooperazione finalizzata alla costruzione di un processo di recupero/crescita. Diventa allora fondamentale provare ad indagare tale livello proprio per capire la dinamica di relazione tra paziente e Riabilitatore e per poter così costruire un patrimonio di conoscenze sempre più completo ed esaustivo.

Stefano Gusella

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